top of page

La fase dello specchio nella psicoanalisi lacaniana - Il corpo immaginario.

  • Immagine del redattore: Veronica Ruffato
    Veronica Ruffato
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 14 ore fa

Narciso, Caravaggio
Narciso, Caravaggio

Nel 1936, Jacques Lacan, formulerà per la prima volta “Le stade du miroir”, lo stadio dello specchio, ad un congresso dove verrà interrotto per lo scadere del tempo dell’esposizione. Successivamente questo concetto troverà la sua formulazione compiuta e definitiva nella comunicazione al XVI Congresso Internazionale di Psicoanalisi a Zurigo nel 1949 che prenderà il titolo, nella raccolta degli Scritti, “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io”.

Questo paradigma è inteso come un periodo che va dai sei ai diciotto mesi di vita di un bambino e rappresenta il primo tempo del processo di soggettivazione, ovvero il processo di identificazione del soggetto alla sua immagine riflessa dallo specchio.


Si tratta di passare da un corpo in frammenti, privo di forma, ad un corpo unitario, ortopedico rispetto alla sua totalità. Il bambino a questa età è ancora incapace di coordinare i propri movimenti o di stare in piedi, il che lo porta ad avere bisogno di un supporto, che può essere l’abbraccio della madre o del girello, inoltre non dispone nemmeno di capacità intellettive elevate ma è capace comunque di riconoscersi allo specchio. Come afferma il filosofo francese Merleau-Ponty:

“Riconoscere la sua immagine nello specchio significa per lui imparare che può esserci uno spettacolo di sé stesso. Fino a quel momento, il bambino, non si è mai visto, o si è appena intravisto con la coda dell’occhio guardando le parti del suo corpo che riesce a vedere."

Il bambino, davanti allo specchio, gioca e si sperimenta, esso può vedersi, osservarsi ed indicarsi, diventa spettatore di sé stesso e verifica la relazione che intercorre tra il proprio corpo e l’immagine riflessa: nelle parole di Lacan, fa esperienza della “realtà che raddoppia”. Il compito dello specchio è proprio quello di produrre uno sdoppiamento nel soggetto, di creare un’immagine riflessa ed esterna alla quale il bambino può identificarsi.


È a partire da questa condizione di sdoppiamento che Lacan introduce la dimensione drammatica, e allo stesso tempo strutturale, della soggettivazione; se da un lato l’infans può finalmente ricomporre e dare un senso di unità al proprio corpo, dall’altro questa “forma” è una pura illusione in quanto esterna al soggetto.


Dal momento della nascita il corpo del bambino è costitutivamente caotico, le varie parti sono frammentate, non c’è ordine ed è proprio per questo che l’immagine offre conforto e porta ad una manifestazione di giubilo. In quel momento il soggetto è finalmente riuscito a mettere insieme i pezzi, le mani e le gambe iniziano ad essere parte di un’unica cosa, si è dunque identificato con la sua immagine. Lacan afferma:

“Basta comprendere lo stadio dello specchio come una identificazione nel pieno senso che l’analisi dà a questo termine: cioè come la trasformazione prodotta nel soggetto quando assume un’immagine, - la cui predestinazione a questo effetto di fase è già indicata dall’uso, nella teoria, dell’antico termine di imago
Lacan e il concetto di grande Altro
J. Lacan.

Grazie alla Gestalt, la forma unitaria “ortopedica”, si crea un velo ideale narcisistico che consente al soggetto di sperimentare un “senso di identità sufficientemente costante”. L’imago è quella identificazione primordiale con un io-ideale che sarà poi “ceppo delle identificazioni secondarie”, ma questa padronanza che l’immagine riflessa fornisce viene definita da Lacan come “prematura” poiché non coincide con una padronanza reale del corpo che è ancora, di fatto, immaturo. L’immaginario, dunque, riesce a coprire il reale mostrando al soggetto una forma gestaltica ordinata non coincidente con la maturazione reale del corpo. Per Lacan, l’essere umano sembra essere destinato a non coincidere mai con sé stesso in quanto la sua stessa identificazione si basa su un’immagine che è altra da sé, che non potrà mai coincidere con il suo corpo reale in quanto mera illusione. Tuttavia è proprio grazie a questa identificazione alienante che il soggetto può riconoscersi come distinto dagli altri, che “può dirsi un Io”.


Lacan ci presenta la natura illusoria dell’imago in cui il corpo può dirsi proprio, solo se avviene un’identificazione con l’immagine allo specchio, con qualcosa che è fuori da sé. Lacan spiega che l’essere umano non potrà mai ricucire la reale frammentazione del corpo, né coincidere con l’immagine ideale di sé e che, allo stesso tempo, egli dipende da tale immagine per poter stare e muoversi nel mondo. In questo risiede il carattere radicalmente alienante dell’immagine. Come scrive Recalcati, “al di qua dello specchio la vita non ha ancora trovato forma”, è immersa nel caos della frammentazione, è marchiata da una “discordia primordiale”; al di là il riflesso dello specchio invia una Gestalt immaginaria. Per il soggetto non è possibile vivere l’immagine che lo rappresenta in quanto da un lato esso è lì dove c’è l’immagine, dall’altro è qui da dove vede l’immagine che, pur rappresentandolo, non può essere. L’identificazione del bambino con un’immagine del proprio corpo ha un’implicazione importante poiché, come scrive Lacan “l’essere umano non vede la sua forma realizzata, totale, il miraggio di sé stesso, se non fuori di sé stesso”. In altre parole il presupposto che sta alla base della fase dello specchio è che l’identità dell’Io si formi attraverso la mediazione dell’Altro.


Nella teoria lacaniana, l’Altro non coincide semplicemente con un altro individuo con cui entriamo in relazione, ma designa l’ordine simbolico che ci precede: il linguaggio, la cultura, il discorso sociale entro cui siamo immersi. È dentro questa struttura che il soggetto si forma, si riconosce e assume un’identità, sempre mediata dall’esterno.


BIBLIOGRAFIA :

J. Lacan, “Discorso sulla causalità psichica”, in J. Lacan Scritti, Einaudi, Torino 1974.

J. Lacan, “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io”, in Jacques Lacan Scritti, Einaudi, Torino 2002.

M. Recalcati, J. Lacan, desiderio, godimento e soggettivazione, Raffaello Cortina, Milano, 2012.

M. Merleau-Ponty. Il bambino e gli altri, Armando Editore, Roma 2016.



Commenti


© 2025 Dott.ssa Veronica Ruffato

P.IVA 05623460283 

Powered and secured by Wix

bottom of page